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Magnetismo interiore

4 maggio 2006

 

Lasciarsi dietro i ricordi di una vita non vuol dire rinunciare ai propri affetti. Né tanto meno rinnegare un cammino fatto di esperienze che aiutano la coscienza ad evolvere. Ad evolvere ed espandersi dove prima non aveva accesso. Dove può arricchirsi di quel che necessita per assumere ruoli sempre più in linea con l’Intelligenza che regola l’evoluzione nell’universo attraverso la sua consapevolezza.

 

Il contatto con tale Intelligenza non può essere immediato ed anzi necessita di filtri senza i quali non è possibile definire alcunché.

Questi filtri, veri e propri operatori attivi nel trascendente, fanno sì che l’evoluzione segua ritmi tendenti a produrre libertà relativa al proprio stato nell’ambiente. Lo stato in cui si è deve maturare giuste condizioni per, libero, poter ascendere ad un livello superiore così da inserirsi in meccanismi diversi di crescita sempre più tendenti verso l’unità.

 

Il riequilibrio periodico cui tutto deve sottostare è necessario per proteggere e tutelare sia chi ha potuto cambiare stato, sia chi in quel suo stato deve rimanere per non subire sbalzi traumatici che intaccherebbero la coscienza distruggendo quella che è la sua qualità essenziale, l’applicazione; quella sottile capacità di magnetizzazione attraverso cui avviene il richiamo per necessità.

 

La taratura della coscienza deve modificarsi entro certi limiti prestabiliti che se fuori controllo danneggiano lo strumento.

Lo strumento umano che raccoglie e calibra la sintesi di un cammino è incentrato nel plesso solare, sede dell’anima e porta di comunicazione con gli altri mondi.

 

L’intelligenza umana, relativa alla Terra e ad un’evoluzione possibile a determinate condizioni, fa percepire dentro di sé la capacità dell’apprendimento ma vanifica lo scopo quando decide di voler agire attraverso i mezzi di cui è in possesso.

Ma questo è normale poiché la tendenza verso la libertà implica un’azione da condurre; azione che può essere esplicitata attraverso conoscenza e sensibilità. La conoscenza è ovvia poiché relativa al conosciuto, la sensibilità invece è opportunamente celata per evitare che l’impeto che consegue al richiamo sfalsi il macchinario uomo che deve prendere coscienza di essere della stessa sostanza di ciò che lo indirizza verso scelte e traguardi da conseguire; e che la differenza sta solo nella differente ubicazione degli attributi. Quelli del piano più sottile sono sempre meno evidenti e meglio strutturati poiché più sofisticati.

 

Volendo ben vedere tutto circola attorno ad un unico concetto: io sono.

Io sono ciò che so di essere e più è relativa la mia conoscenza sull’essenza che io sono, meno avrò capacità che mi permettono di essere ciò che è la vera essenza dell’io sono.

 

La prima è più importante dualità che l’uomo deve equilibrare è il magnetismo interiore. Nel senso che, essendo egli sensibile a richiamo ed attrazione, deve avere coerenza nel farlo.

Il richiamo avviene attraverso la richiesta che l’uomo fa nei confronti di qualcosa e questo si svolge in funzione di quanto la sua coscienza concepisce ed esprime; l’attrazione è ciò verso cui egli è sensibile a livello di unificazione quando non si è ancora reso conto di non essere una semplice parte del tutto.

 

Questo magnetismo si esprime sia in modo relativo sia in modo essenziale. Nel relativo può essere evidenziato come causa effetto con sbavature da  equilibrare, nell’essenza come unione; tendenza all’unione.

 

In pratica se si avesse la possibilità di inserire una coscienza umana ad una pianta, la stessa patirebbe enormi sofferenze perché nella incapacità di potersi esprimere in modo adeguato al suo concepire: il suo stato d’essere non sarebbe in linea con la facoltà di interagire con l’ambiente. Il che verrebbe vissuto dalla stessa coscienza come castigo da scontare visto che non è stata sua la libera scelta di essere pianta (con coscienza umana).

 

Causa ed effetto devono avere una loro logica. Quando troppo sbilanciati l’esito è compromesso.

 

L’esito della trasformazione in corso, di adattamento all’ambiente da parte di una coscienza evoluta in altro stato ma idonea ad affrontare la vita sulla Terra, implica una fusione con la coscienza umana; nel senso che quest’ultima si amplia ricevendo in sé quello che può supportare.

 

Nella fusione la coscienza evoluta cede perché tale è la sua volontà, l’altra riceve perché questo è il suo bisogno (in funzione del cammino svolto).

Chi cede lo fa perché implicito alla sua natura dativa; dona se stessa perché questo è il suo ruolo.

 

Nella trasformazione qualcosa ovviamente cambia ed essenzialmente l’assetto egoico di possesso che l’uomo deve rilasciare perché elemento inconciliabile nella fusione.

Si tratta in effetti di ridefinire (da parte dell’uomo) i parametri entro i quali intende operare quando è nella facoltà di poterlo fare; quando uomo in Terra può decidere o meno se rinascere a nuova vita con una coscienza in linea ai principi per i quali è possibile proprio questo.

 

 

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