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Bisogni

13 agosto 2007



Quando si agisce su un piano di coscienza bisogna tenere conto delle necessità intrinseche allo stesso. Perché, per esempio, non si può vivere sulla Terra senza una adeguata struttura fisica e molecolare mentre si è uomini. Se così non fosse verrebbe meno un aspetto portante della crescita attraverso la spiritualizzazione della materia (ove per materia bisogna intendere ciò che non sa ancora quali sono le sue possibilità e che è eterna ed immortale).

La parte di sé che opera sulla Terra a livello fisico ha delle necessità intrinseche al suo stato e pertanto è necessario che vengano soddisfatte per evitare che rinunce forzate creino squilibri da risanare. Anche se non bisogna confondere il grado di necessità, perché è ovvio che se ci si abbandona al livello istintivo e basta si è perso qualcosa di importante che si stava costruendo. Si stava perché, se l'opera fosse stata eseguita, non si porrebbe nemmeno l'eventualità della ricaduta. E per ricaduta bisogna intendere una mancanza di capacità che non permette di permanere saldamente su un dato piano della coscienza.

Bisogna considerare chi si è quando la spinta protende verso approfondimenti di natura spirituale (e comunque legati alla crescita attraverso la conoscenza), e chi si diventa quando abbandonata (seppur per poco) la via si ritorna ad essere chi emergendo si basa sul possesso e/o la sola istintività; quasi a livello animalesco anche se contornata da una presunta capacità di essere su un cammino che mira verso l'intima evoluzione così da realizzare nella carne il progetto che vuole l'uomo un essere spirituale.

L'equilibrio deve tenere conto delle necessità e delle aspirazioni. Ben per questo non è facile mantenere l'equanimità in ciò che si è mentre si opera con elementi che attraendo risvegliano istinti che immettono in uno stato di coscienza che compete loro per vibrazioni e specificità.

Ovviamente se pace e silenzio interiore sono possibilità di accesso verso piani della esistenza più sottili (dove la vita ha valori e ritmi proiettati verso la consapevolezza di sé con conseguente apertura verso l'universalità e la compassione), l'attrazione verso ciò che l'esterno reclama non può che precludere la percorrenza di un sentiero etereo per mancanza di sostegni. Sarebbe come voler perforare una montagna senza attrezzi non accorgendosi che c'è una porta energetica che consente l'accesso a chi vibra in modo tale da vederla ed entrarvi perché nulla si oppone a questo tipo di possibilità.
Si tratta quindi di adeguare le proprie vibrazioni in modo tale da essere coscienti di ciò che sta oltre la fisicità (e quindi nei piani più sottili) senza però perdere il contatto con la propria natura umana che reclama diritti consolidati ma che, quando manca l'equilibrio, trascina dove tale natura trae origine. Aspetti questi della evoluzione che appartengono a dimensioni dove la conoscenza si basa sulla scoperta di sé a livello fisico. E se è pur vero che tutti questi aspetti appartengono sempre alla propria interiorità, bisogna saper distinguere a quale parte di sé appartengono perché, a seconda della attrazione, proprio lì proiettano l'uomo che su di loro basa la la sua tendenza ad essere.

Le rinunce, se volute perché concepite, sono pur sempre una privazione. Per questo, quando meno ce lo si aspetta, vengono a bussare per chiedere un compenso mai avuto.
Le rinunce, quando appartengono ad un modo di essere che contempla tali necessità, sono pericoli da affrontare. Si presentano come tentazioni per far considerare che c'è possibilità di scelta per coerenza o per volontà; fermo restando che la volontà è sempre suscettibile di tentennamenti, sbavature o mancanza di continuità.

La rinuncia comunque è una privazione e come tale è una mancanza energetica perché in qualunque modo la si colga le si dedica attenzione per riuscire a mantenere uno stato che non faccia cedere.
Chi vede la rinuncia come una offerta verso la propria interiorità sta perdendo un aspetto importante della conoscenza: si sta privando di una possibilità senza comprendere che non è necessaria al proprio tipo e genere di evoluzione. Se c'è attrazione la rinuncia va affrontata e non compressa, perché potenziale che prima o poi esploderà.

Con questo non c'è da credere che per non incorrere in rinunce forzate bisogna abbandonarsi a tutto, ma capire quali sono le proprie reali necessità; quelle della propria attuale realtà; quelle che non si aggrappano a ricordi anche istintivi a cui ci si abbandona solo perché un pensiero si è presentato come pretestuosa necessità. In buona sostanza bisogna considerare chi si è realmente e da lì partire senza aspettare a doverlo fare, usando l'attesa come alibi per perseguire ciò che la natura umana vorrebbe e quella più sottile esclude perché non attinente al suo tipo di realtà.
E questo va fatto serenamente; aiuta a concepire chi si è ora, in questo preciso momento della propria realtà. Considerando anche che offre strumenti importantissimi per, scrutandosi dentro, non costruire castelli di sabbia basati su presunte raggiunte capacità frutto solo della propria fantasia; o legati ad una labile speranza che forse si è già chi invece riposa ancora dentro di sé perché non si è in grado di offrigli un habitat che si trova su un diverso tipo di realtà, quella che vibra ad una frequenza dove la natura umana subliminata esprime l'uomo che un domani sarà.

Quando si parla di vibrazioni, non c'è via di mezzo: se si è di qua non si è di là; qua il regno del corpo, là della consapevolezza. Solo una nuova coscienza può far essere contemporaneamente uomini consapevoli di sé ma quando è così si è già un uomo nuovo rinato in Terra per applicare l'equanimità.




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