F M O O

fmoo@ottavaora.it

 

 

indietro

Apri formato stampabile

 

home

 

Diritto di proprietà

 

4 febbraio 2007



Le risorse naturali, proprio perché tali, sono un bene comune: appartengono alla Terra. Il loro uso e lo sfruttamento invece dipendono dall'uomo. La Terra però da solamente in gestione ciò che è suo, senza con questo rinunciare al suo diritto di proprietà.
Queste risorse del resto sono parte integrante della Terra, fanno parte della sua fisicità e quindi in qualunque momento e senza preavviso la Terra potrebbe far valere il suo diritto di proprietà. Mai infatti sono stati concordati tempi di scadenza o condizioni per lo sfruttamento di ciò che appartiene alla Terra e l'uomo crede suo.
 
Il concetto del mio, del possesso, è strano. Si basa su ciò che si vuole debba essere tale senza considerare la provenienza del bene; da cosa deriva e a chi appartiene veramente.
 
Il diritto di nascita, per esempio, è tale perchè appartiene alla natura, alla sua capacità di rinnovarsi continuamente. Il suo uso nell'uomo è un'evidente dimostrazione di come ci si appropri di qualcosa del tutto naturale come provenienza confondendo il suo esercizio con proprietà. E per conseguenza, vista la premessa, reputando proprietà personale il risultato di una unione da cui germoglia un frutto. Un figlio è frutto della natura; nella consapevolezza dell'uomo invece l'esercizio della sua capacità inerente la procreazione, che si differenzia da quella dell'animale per il senso dell'Amore che contraddistingue le specie.
 
Ecco, il senso dell'Amore, giusto appunto per dire che ogni essere vive in funzione di ciò che concepisce e questo lo porta a percorrere una via che solo in apparenza è uguale a quella altrui.
 
Chi sono gli altri? Ed in effetti chi sono io? Perché questo è il punto.
Quando penso di aver riconosciuto il mio stesso essere allora cerco di spiegarmelo e facendolo perdo il contatto con chi veramente sono. Perché non sono sostanza ma essenza; solo che quando credo di aver capito mi limito ad essere sostanza; sostanza che di divino non ha niente in quanto semplice spiegazione umana per far quadrare i conti; per spiegarsi in qualche modo ciò che non si comprende in profondità.
Così come non si capisce bene il possesso; possesso che è un derivazione di perdita di capacità. Nel senso che “mio” rappresenta il volersi spiegare ciò che si è capito, ma che non appartiene perché manca la capacità di saper riprodurre qualcosa senza doversi appoggiare a ciò che viene dato perchè c'è chi lo ha concepito.
Creare dal nulla non è semplice. Anzi impossibile se non si è in aderenza con la vita che manifesta il suo essere a chi deve interpretare un ruolo, deve svolgere un compito; senza appropriarsi di qualcosa che dato in uso si vorrebbe diventasse proprietà.
 
Nessuno è proprietario di niente. Si dipende tutti da ciò che il Divino Amore distribuisce equanimamente; senza dover discernere alcunché. Si è tutti figli del Divino Amore e quando ci si crede figli privilegiati è solo una spiegazione che conviene; a discapito sicuramente di qualcun altro. Qualcun altro che può essere la Terra, Madre incompresa da chi, figlio, si crede a Lei superiore solo perchè in Lei vede il solo aspetto fisico, da sfruttare per l'appunto.
 
Così arriva sempre il momento in cui i conti devono tornare; il momento in cui, visto che l'uomo è nato per morire, deve rendersi conto che tutto ciò che crede suo appartiene a chi resta e chi resta è sempre la Terra.
 
I rapporti devono essere chiari. Solo così si può percorrere un cammino in aderenza con lo sviluppo che rende la Terra un essere senziente in grado di provvedere ad ogni sua creatura.
 
Del resto anche la Terra non è proprietaria di sé, dipende da chi la rende e vuole tale; così come l'uomo non è proprietario della Terra come conquista da sfruttare per suoi fini particolari e personali. E basti riflettere sul fatto che l'uomo non è nemmeno proprietario di se stesso visto che in effetti muore; può semplicemente cercare di continuare a vivere in ciò che suo tramite si riproduce. Ma la riproduzione appartiene alla natura, alla sua capacità di migliorarsi tramite procreazione affidata ad ogni singolo essere che in funzione della specie alla quale appartiene usa in maniera automatica ciò che la natura gli ha offerto a corredo per esprimere il senso dell’Amore.
 
Un essere che sa di essere al servizio della vita non possiede nulla; il vero possesso è aver concepito di non possedere proprio nulla. Consapevolezza questa che, quando c’è, immette nel flusso del Divino Amore che, solo, è nella capacità della donazione; alla Terra, all'uomo, ad ogni cosa.
 

inizio pagina