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Unico Progetto

30 settembre 2007



Confluire verso un unico progetto dipende dal grado di maturità raggiunto. E cioè da quanto sia ancora in essere il proprio sistema egoico.
L'egoicità è una maschera difficile da estirpare. Una volta indossata diventa talmente aderente da non considerare il senso della vita in funzione degli altri. E anche quando così sembra, anche quando sembra che addirittura ci si sacrifichi per il bene altrui, l'intimo appagamento è soddisfazione egoica; ego che si manifesta in uno stato più profondo del proprio essere.
Essere uomini del resto ha queste caratteristiche. Vanno considerate e valutate per scoprire che in sé ci sono schemi che rendono schiavi di un certo stato d'essere: quello legato al profitto ed al potere.

Potere e profitto non sono il contrappeso della donazione, e nemmeno della libertà. Servono per far comprendere come nel loro bisogno si celi una insidia colossale: la mancanza di apertura verso una realtà più profonda che, anche se intravista, non permane se l'attenzione resta concentrata sullo appagamento di sé.
Esercitare il potere per il bene altrui è spesso alibi per mascherare i propri interessi, ciò che in definitiva si vuole ottenere proprio attraverso il potere. Un mezzo per possedere. Possedere qualcosa che poi si intende tramandare come a voler perpetuare l'opera intrapresa; attraverso i figli, o attraverso chi aderendo faccia in modo che non vada perso ciò per cui si è alacremente lavorato.

Questo tipo di lavoro però, pur se trasmissibile in modo pratico non lo è a livello essenziale. I suoi frutti non arricchiscono la coscienza. Anzi la magnetizzano su frequenze che non danno modo di scorgere che oltre sta la luce. L'aspirata libertà di chi rifugge proprio questi attaccamenti perché si rende conto che i veri valori stanno altrove rispetto alla transitorietà di ciò che effimero passa e si dissolve.

La vera ricchezza è la conquista dell'immortalità. Dovendo però comprendere cos'è e come fare a realizzarla. Perché non è sufficiente la speranza, o ciò che definito fede non ha radicato la certezza che così è. Quando si vacilla anche di un soffio vuol dire che si è ancora nella fase della ricerca attraverso la sperimentazione delle varie possibilità.
La possibilità di essere immortale è in primis una aspirazione che induce a considerare come fare per ottenere tale capacità. Ed in funzione di ciò ci si apre al sottile, a quel mondo che, invisibile quando si è concentrati altrove, apre la porta che permette di colloquiare a chi lo sta approcciando. Anche a chi usa modi scorretti o pretestuosi perché non solo vorrebbe trarne vantaggio immediato, ma sarebbe addirittura disposto a pagare qualunque cifra pur di avere la certezza nella immortalità.

In effetti però qualcosa bisogna dare: se stessi. Perché solo nella donazione di sé si assolve il compito per realizzare l'immortalità.
Ma non donazione di sé intesa come abbandono totale al soprannaturale (con conseguente perdita di potere personale attribuendo al soprannaturale stesso la capacità di guida anche quando manca di coerenza e razionalità restando preda ed in balia di chi può approfittare di tale situazione per “vivere” ancora una esperienza nella carne di chi gli sta involontariamente e senza coscienza offrendo il suo corpo e la sua dignità), ma rinuncia ad essere sapendo di essere. Di essere presente nella realtà dove solo chi è immortale può risiedere perché ha oltrepassato il “muro” della illusione basata sulla continuità; sul credere che vita dopo vita si accumuli ciò che necessita per conquistare l'immortalità.
Anche questo concetto infatti alimenta ancore la speranza (anche se in modo diverso) dando valenza a ciò che non raffrontato né constatato gonfia l'inconscio di una cortina energetica destinata a scomparire non appena cambia la realtà. Quando cioè si dissolve perché mutano le condizioni che ne permettevano la stabilità in funzione di processi energetici il cui ciclo, basato sulla acquisizione di consapevolezza nella immortalità, consentiva tale sperimentazione. Ciclo che in automatico si esaurisce proprio nel momento in cui si ottiene la consapevolezza.

Da considerare comunque che la continuità delle vite è una creazione mentale legata ad un accumulo energetico di recupero di esperienze a cui si è assistito sotto varie forme, e non per questo legate alla soggettività intesa come uomo che sa di nascere, essere e rinascere. La rinascita infatti (così per come è intesa e questo è constatabile) non prevede il ricordo, si è semplicemente. Fino a che non interviene la vera rinascita nella carne in modo cosciente attraverso l'incorporazione in sé di ciò che si è: un essere di luce immortale.
Ma affinché ciò sia bisogna prima concepire chi si è e, sperimentando da vivi nella carne e con coscienza, acquisire la certezza, l'intima certezza che consente di fare il passo decisivo: morire nascendo. Morire portando in vita il vero essere, l'essere immortale che l'uomo è su un piano diverso della realtà. Dove la vita è completa elargizione di sé istruendo processi affinché la “materia” prenda coscienza che solo nella fusione spontanea c'è l'unità che rende stabile la realtà. Morire in vita che non vuol dire uccidersi fisicamente per avere la certezza di rinascere, ma rinunciare ad essere per essere. Rinunciare all'ego per il sé; per ciò che si è veramente e non per quello che si crede di essere nella transitorietà della vita terrena.

Chi si è. Questo concetto, in apparenza assurdo perché vivendo si constata di essere, ha un senso quando diventa domanda. Quando persa la certezza su ciò che si crede ci si apre a ciò che permette di diventare chi si è in uno stato più profondo della esistenza, quello della immortalità.
In pratica si tratta di prendere coscienza di essere immortale e diventarlo. Non semplicemente come auspicio ma in modo reale. E per farlo occorre cimentarsi con se stessi. Se si perde si resta chi si è, se si vince si diventa chi non muore ma senza abbandonare la fisicità che lo ha permesso. Perché proprio questo è il punto: dare giusta coscienza alla materia affinché sappia cosa e come fare.

E questo è un progetto unico verso cui bisogna confluire in modo unitario per la affermazione e la conquista del bene comune: l'immortalità.



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