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Se stesso

3 febbraio 2008



 
Accettare ciò che viene incontro consente che emerga l'anima. E l'anima emerge quando glielo si consente.
Ma cos'è l'anima se non il flusso stesso della vita che deve esprimere la sua opera? Se non l'essere in linea con la profondità di se stessi dove è noto lo schema che consente di partecipare e creare grandi cambiamenti quando la vita li vuole esprimere?


Il punto è stabilire chi o che cosa è questo se stesso che continuamente si rincorre; questo se stesso vivo in una dimensione più profonda; questo proprio essere immortale che può rendere immortale chi identificandovisi si fonde nell'anima, nella sua anima.
Ed anche stabilire chi si è; in rapporto a chi si era ma senza ipotizzare chi si sarà. Perché se il prima è bene o male constatabile, il dopo, chi si sarà dopo è solo ipotesi suffragata dal niente. Congetture sul chi si vorrebbe essere fatte da una mente logica che si poggia (e solo così può fare) su evidenze frutto di una conoscenza che ignora ciò che dipende dall'anima. Soltanto immaginazione che deve prendere sembianze di quel che si vorrebbe per potere stare bene, senza timori né difficoltà. Un dare consistenza su un piano più sottile a quegli aspetti egoici che fanno perder di vista a cosa serve la vita sulla Terra. Aspetti dettati e dipendenti dall'essere di passaggio in quanto uomini che dopo essere nati devono morire, oppure uomini che devono usare questa loro momentanea permanenza sulla Terra per comprendere e concepire che non si muore se si trova il bandolo della matassa. Se attraverso la propria anima si riesce a dare consistenza alla vita nei termini in cui la vita stessa si esprime quando la visione è colta da chi può osservare l'evoluzione (della vita stessa) in un piano dove l'identificazione è l'aspetto dominante.
Identificazione intesa come libertà da vincoli oppure identificazione che costringe ad essere in un certo modo; nel modo in cui l'uomo pensa di essere uomo, limitato e mortale.
Nel senso che nel processo evolutivo l'identificazione è un doppio banco di prova quando per l'appunto il piano in cui si opera prevede la dualità.


Contemporaneamente si è animatore ed essere animato. Animatore nel piano dove si dovrebbe solo osservare, animato nel piano in cui l'opera si sta svolgendo. Vita che si esprime in piani diversi in modo diverso. Vita che si può solo osservare (essendo in questo modo partecipi di ciò che la vita esprime senza interferire perché già completa nella sua dinamica esistenziale); vita che si può animare (quando si pensa di poterla migliorare attraverso adeguati accorgimenti che però richiedono un intervento diretto proprio dove si intende produrre il cambiamento); vita animata dall'esterno di sé quando si pensa di essere mortali e pertanto si opera dove questo è utile e necessario attraverso schemi. Sistemi e strumenti che permettendolo rendono l'uomo capace si “venire al mondo” per procreazione ed andar via senza intenzione.


Se si considera che ognuno di questi livelli si trova in profondità diverse della esistenza va da se concepire che l'umano è quello con una consapevolezza più limitata. Basato sulle evidenze che coglie può indagare tramite le stesse; e pertanto restando limitato come coscienza al suo naturale piano di appartenenza.
Il piano intermedio (per profondità intesa come consapevolezza che sa che è possibile animare ma che ignora che se avviene attraverso l'identificazione in ciò che si intende animare “precipita” in automatico proprio nel piano in cui poneva l'attenzione per cercare di migliorarlo) deve cogliere un diverso tipo di animazione, quella attraverso la trasmissione del pensiero che instilla conoscenza (restando estraneo all'evolvere della conoscenza stessa così da permettere adeguata collocazione che per questo diventa riproducibile in modo autonomo). Piano intermedio che è quello in cui l'anima svolge la sua attività pianificatrice ma che non è da considerare come una condizione fissa ed omogenea in quanto deve esprimere diversi tipi di consapevolezza. Tutti basati sulla immortalità ma con un modo sempre più profondo di intenderla e concettualizzarla in chi o cosa si intende animare. E pertanto un piano che è interfaccia di ciò che la fisicità esprime come evidenza ma ignora come essenza. Immortalità che va da una riconquista della stessa (quando, liberi dall'involucro cui si sarebbe voluto dare consapevolezza, si ritorna come coscienza proprio dove si stava osservando prima di “precipitare” attraverso ed a causa della identificazione), fino ad esprimerla semplicemente come piano che permea il piano fisico nella sua totalità non facendo altro che consentire al flusso della vita di esprimersi perché pregno di ogni condizione possibile che permetta in completa autonomia di prendere possesso di sé. Sé inteso come flusso della vita nella sua totalità e non come individualità che acquisisce sempre più potere per decidere in modo autonomo così da avere sempre riscontri utili ad i suoi interessi. Proiezione questa che attiene alla logica di chi non comprendendo l'immortalità come stato d'essere la vorrebbe solo come conquista per non morire più.


Osservare che tutto accada in modo che ogni cosa abbia cosciente consapevolezza di sé significa cominciare ad essere espressione di Libertà. La libertà che consente ad ogni cosa di esistere così come vuole offrendole il necessario flusso vitale funzionale al suo stato facendo si che tutto avvenga. Anche i passaggi se volgiamo di “risalita”, quando cioè l'identificazione funziona in maniera ascensionale permettendo alla coscienza di concepire ciò che da dentro anima e rende immortale.


Il piano della immortalità oltre ad essere complesso sia per profondità di consapevolezza sia per il modo in cui è possibile manifestarla, non è un piano definitivo; serve da filtro per, avendone consapevolezza (avendo acquisito consapevolezza come globalità e non quindi come singolo individuo che crede così di realizzare se stesso) potersi espandere dove il flusso della vita trae origine. Quindi oltre il semplice permettere che l'immortalità si esprima.


I passaggi da conseguire, restando nell'ambito della identificazione nel proprio essere immortale, sono ambivalenti. Devono cioè servire all'uomo (ed alla materia in generale) per apprendere come fare ad identificarsi nel suo stesso essere immortale, e a chi immortale sa di esserlo (nel piano in cui lo può esprimere) di non precipitare per animare direttamente quando può limitarsi a farlo tramite trasmissione del pensiero.


Evidentemente questo rapporto di reciprocità altro non è che il medesimo stato d'essere espresso in piani e condizioni diverse; il fisico e l'animico.
Rapporto di reciprocità che può sfociare in fusione quando l'uomo riesce ad identificarsi nella sua anima perché l'anima concepisce (anzi realizza) di dover trasmettere il suo pensiero soltanto; rendendo così capace anche l'uomo di farlo (proprio per l'avvenuta identificazione). Presenza viva sui diversi piani perché ad agire è l'uomo che identificato nella sua anima presenzia anche nel piano animico per, oltre ad avere concepito di essere immortale, apprendere ciò che ne consegue.