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Il senso di sé

5 aprile 2008




Se stessi, capire se stessi è l'arduo compito, anche per la spinta che da dentro costringe a cercare. Ed il senso di sé (quando sfugge) fa cercare spesso fuori ciò che invece abita la propria interiorità; da dove si proviene e dove bisogna andare. Quasi un viaggio che riporta a casa o che fa capire che non ci si è mai mossi, che si è sempre lì. Ma dove il senso di sé non è così evidente da farlo comprendere perché si è perduto l'orientamento che porta al contatto.
Anche perché è giusto che sia così. La ricchezza interiore va scoperta, capita, ricercata e realizzata. Ricchezza interiore che da Pace, tranquillità e benessere.

Il vero benessere è quello spirituale. Non perché bisogna rinunciare a quello terreno, ma per capire come funziona. Se si sa che dentro di sé c'è l'anima, l'essere immortale che si è, lo scopo dovrebbe esser diventarlo evitando che la vita scorra avendo perduto un'occasione.
Quando è così però cambia anche il senso della vita, diventa funzionale a chi si è. E chi si è, se non l'uomo che viene sulla Terra credendo di riuscire facilmente in questo compito e che poi si perde nei meandri degli schemi imposti dalla quotidianità.

Il quotidiano... ciò che in apparenza impedisce di perseguire scopi superiori e costringe a vivere una vita quasi preimpostata che distoglie da interessi che sembrano più attinenti al senso di sé; a ciò che si dovrebbe essere e fare. Ma questo è il grado di difficoltà.
Ciò che impedisce di trovare l'anima è proporzionale al senso di sé con commisurate difficoltà.

E se quando sembra di aver trovato l'anima le difficoltà permangono ciò può solo significare che non è così. Non si è ancora la propria anima e pertanto manca la chiara visione di chi si è veramente; e di cosa si è in grado di fare. Di cosa bisogna fare, perché quando l'anima si incarna nell'uomo che accettandola vi si identifica ci sono sempre degli scopi ben precisi, universali.