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Spazio

2 ottobre 2005

 

 

La presenza nello spazio viene considerata in funzione del mezzo necessario a percorrere distanze per raggiungere determinati obiettivi.

 

Lo spazio è visto come un limite perché, se da un lato offre la possibilità di essere percorso, dall’ altro obbliga a doverlo fare con mezzi adeguati.

 

La spazialità è un concetto verso il quale non si è abituati perché non predisposti.

Fisicamente si concepisce ciò che è possibile attuare attraverso le proprie capacità legate alla struttura (fisica) o a ciò che può contenere la propria fisicità per attuare spostamenti. Difficilmente si prende in considerazione che ciò che attraversa lo spazio sono onde e pertanto una struttura che a differenza del fisico si propaga con caratteristiche diverse.

 

La molecola ha una conformazione che la rende adatta ad un ambiente senza però limitarla nei confronti di una possibile trasformazione. Come dire che la molecola è tale perché è stata una necessità dell’onda di trasformarsi munendosi del necessario scafandro per permanere in ambienti che viceversa avrebbe solo intravisto come conseguenza alla velocità nell’attraversare lo spazio.

 

La luce (e quindi l’intelligenza costruttrice), dovendosi appesantire per rallentare la propria vibrazione che staziona oltre una certa frequenza intesa come portata d’onda, è costretta a modificarsi assumendo le caratteristiche di ciò che all’impatto le consente di essere contemporaneamente presente dove la sua stessa natura le sarebbe di impedimento a causa della straordinaria velocità nel propagarsi nello spazio.

 

Nella relatività terrestre la luce assume connotati in linea con ciò che può essere in tale ambito ma conserva sempre la sua caratteristica essenziale; caratteristica che può esprimere oltre la relatività terrestre perché non frenata da questa (e che invece la costringe a stazionare dove la luce si coagula per definire passaggi possibili da attuare quando non ha vincolo della velocità).

 

Questo vincolo non è un aspetto banale. Anzi se ci si riflette costringe a considerare come la velocità sia di impedimento quando non si conoscono i sistemi che consentono di adeguarsi attraverso la immedesimazione. E, poiché non si conoscono, o si resta irretiti in un sistema che inghiotte perché impone le sue regole (e quelle terrestri sono fisiche), o non si riesce a prendere quota per spaziare poiché si crede di non possedere l’indispensabile requisito.

 

La spazialità non trova applicazione dove la struttura è ancorata a schemi che in virtù del loro stato pensano (e quindi impongono) che la vita possa svilupparsi solo all’interno di organismi che condividono un certo tipo di esistenza e che per questo risiedono nel solo ambiente favorevole a potersi esprimere.

 

L’esistenza sulla Terra ha un’infinità di voci che non vengono catalogate e nemmeno esaminate perché il presupposto per vivere deve essere la struttura fisica (molecolare nel senso che la molecola deve adattarsi ad una forma di pensiero dominante che impone alla luce di essere presente nella struttura attraverso una identificazione nella forma che appare possibile o necessaria per esprimersi). Strutture diverse e quindi non fisiche non vengono minimamente esaminate perché le si giudica impossibili: pertanto inesistenti.

 

Questo condizionamento elide delle possibilità; fa vivere ancorati alla sola fisicità impedendo di potersi proporre e propagare dove la struttura fisica non ha possibilità ma quella eterica sì. Cosa questa che non solo attua una scissione in consapevolezza, ma impedisce alla molecola di strutturarsi in modo da essere capace di presenziare a ciò che la sua natura le consentirebbe se non si autolimitasse considerandosi incapace.

 

In effetti succede che a causa dell’immedesimazione la luce si identifica in ciò che vede attuato senza tenere conto che (così facendo) sta abbandonando la velocità, quella sua parte intrinseca che non vincolata allo ambiente resta quasi in attesa di essere raggiunta per potersi reintegrare con chi è andato ad osservare un certo tipo di vita; quella possibile sulla Terra.

 

L’uomo è questo genere di vita, la particella che deve concepire di essere luce: forma che è tale solo perché non sa considerare l’interezza del suo essere. Anche perché non si conosce, non ha esperienza necessaria per potersi strutturare in modo adeguato.

 

Del resto la luce non è l’unica caratteristica della vita (nel senso che solo la luce è vita), esistono svariate possibilità di essere in funzione di traiettorie che determinando percorsi costituiscono possibilità

 

Un’altra possibilità spaziale è il pensiero (pensiero inteso non come manifestazione della mente ma in quanto attributo della conoscenza che pensando impone) che se vogliamo è di gran lunga superiore rispetto alla luce la quale potrebbe anche essere considerata come l’aspetto materiale di un processo che viene eseguito perché c’è chi lo ha pensato.

 

Il pensiero è libero di esprimersi nello spazio perché lo contiene anche, e qui il discorso diventa veramente importante perché si passa da un ambiente statico e lineare (dove tutto è legato alla soggettività terrestre che esprimendo il suo possesso vincola le varie strutture al suo solo ambito) ad una dimensione in cui la profondità è espressione di conoscenza.

 

Il pensiero che inizia a pensare si crede contenuto nello spazio che considera indispensabile alla sua propagazione in quanto onda che si esprime, il pensiero che ha conoscenza di sé sa che da se stesso ha preso corpo uno spazio nel momento in cui egli pensiero ha iniziato ad esplorarsi per considerare le sue possibilità.

 

Questa dualità, se vogliamo aspetto trascendente a tutto ciò che per essere deve capire cos’è, perde consistenza nel momento in cui dalla forma fisica e materiale ci si disancora perché si concepisce che la vita ha tante altre possibilità.

 

La facoltà di esistere in quanto pensiero non è nemmeno né la più profonda né quella unicamente possibile.

A certe profondità dell’esistenza ci sono infatti sistemi in cui la vita è concepita come qualcosa che, non avendo riscontro con ciò che è umanamente concepibile, potrebbe risultare aberrazione dell’esistenza che inghiotte ciò che lei stessa ha partorito.

 

L’energia della forma non è l’energia dell’universo e l’universo è energia quando c’è chi così crede; è pensiero quando c’è chi così agisce; è altro quando c’è chi osa addentrarsi ancor di più.

 

 

 

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