Perdere certezze

 

18 aprile 2006

 

 

Prepararsi verso la coscienza unica implica perdere certezze per acquisire consapevolezza. Consapevolezza che dipende da un flusso energetico nuovo che allinea le menti su una frequenza dove è possibile stabilizzarsi. Così da procedere verso obiettivi che per essere realizzati necessitano proprio di chi è in grado di materializzarli: per esprimere nel concreto ciò che fino a quando non viene attuato resta in potenza.

 

Perdere certezze indubbiamente spaventa. Ovvio che se crollano riferimenti ci si sente sbandare, alla deriva; come chi, persa la memoria, non sa chi è, né da dove proviene, né conosce o riconosce quelli che prima erano i suoi affetti ed i valori della sua vita.

Ma c’è un punto importante che non deve sfuggire.

Quando si riparte ci sono sempre sia una base di appoggio sia una prospettiva. Queste (anche se inconsce poiché non se ne ha ancora notizia) sono insite in chi vivo si ritrova ad agire (anche in una condizione che non conosce ma che non è detto debba essere ostile).

 

Accettare all’improvviso che si è diversi rispetto a prima, che manca il futuro prossimo, immediato, la capacità di pianificazione, è terribile se non si concepisce che è sufficiente entrare nel nuovo automatismo che provvede a far superare i problemi connessi a vita e sostentamento.

 

Del resto, se una condizione viene azzerata come in un computer, tutti i dati vengono persi. Il punto però è l’operatore, se è capace o meno di ovviare al problema e riparare il danno; ammesso che di danno si tratti perché tante volte azzerare è una scelta logica e coerente per ripartire su nuove basi.

 

Una involuzione fa perdere ciò che si aveva, ma qua fine e prospettiva sono inerenti alla evoluzione dell’uomo, del pianeta e delle specie; ed è la natura stessa che provvede a generare gli automatismi che consentono di vivere in funzione dell’ambiente nuovo in cui si opera.

 

Certamente chi in seguito verrà sulla Terra, poiché avrà insite le caratteristiche che gli consentiranno di ben vivere in quanto idoneo all’ambiente, non risentirà dello sbalzo evolutivo come chi invece deve affrontarlo ora in prima persona trovandosi ad agire, impreparato, nel bel mezzo del cambiamento. Ed è per questo che necessitano avanguardie che possano colmare i pericoli e le lacune connesse alla mancata preparazione poiché ignoranti sul verso dove si và.

 

La struttura fisica dell’uomo possiede già requisiti in linea con il cambiamento (chi ancora non lo sa è la coscienza che, temendo, trasmette paura ad un corpo che, solo se indirizzato e non condizionato, può riuscire bene ad adeguarsi al nuovo che arriva).

La struttura psichica è invece quella più vulnerabile. Perché basata su concetti e concezioni di natura mistica, religiosa e trascendente, risentirà dei mancati riferimenti sui quali aveva fondato una proiezione di realtà che va a scomparire (parlare di psiche è riferirsi alla capacità insita nell’essere umano di considerare le cose da un punto di vista trascendentale rispetto alla forma fisica ed all’ambiente che produce, ospita e sostiene tale forma).

 

La naturale propensione a credere che la vita possa, debba continuare al di là del fisico trapasso è ricordo atavico che in sé esiste qualcosa di immortale che oltre la caducità riflette e determina un genere di vita la cui base poggia su certezze congenite nell’esistere, ma inconsce fin tanto che non se ne acquisisce consapevolezza.

 

Ora questo tipo di consapevolezza è in arrivo e l’ostacolo, lo scoglio da superare è la coscienza. La coscienza di chi avendo sempre sperato che non si muore si ritrova a dover concepire in prima persona che è vero. E non è facile perché bisogna vincere la paura che dice che non è così; la paura che dice che la morte è certa non facendo trovare lo slancio per proiettarsi dove il nuovo flusso attende per offrire tutte le certezze di cui dispone così da costruire e costituire una nuova realtà viva e vera sulla Terra.

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