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Ritrarre lo sguardo

15 gennaio 2004

 

Si inizia a vivere in modo nuovo solo quando ci si rende conto di esistere anche in realtà più profonde del proprio essere; di esistere contemporaneamente potendo essere immediatamente.

Questo comporta consapevolezza nel proprio sé e produce consapevolezza in chi si è.

Del resto si è sempre se stessi (ma) a vari livelli di profondità; contemporaneamente in vari stati di profondità; in varie dimensioni contemporaneamente essendo vivi simultaneamente.

Ma non immediatamente fin tanto che non si concepisce come fare.

Ritrarre lo sguardo rappresenta il modo concreto per iniziare a sperimentare l'energia in modo vivo. Da vivi essendo energia; mentre si è vivi in un corpo di carne (anche questa energia inconsapevole d’esserlo).

La paura d’essere energia rappresenta il limite che non consente all’energia di essere se stessa.

Ritrarre lo sguardo è un po’ ritrarre l’attenzione da un mondo dove si è rimasti per troppo tempo avviluppati a prendere coscienza, attraverso l’esperienza, di essere vivi ed esistere ben oltre la limitata e limitante condizione fisica e terrena. Ignorando la provenienza e (cosa è) la propria essenza. E la matrice che condiziona il viaggio perché emette il richiamo cui nulla può sottrarsi. Un richiamo così profondo che investe l’anima perché scuote l’essenza.

Questa vibrazione è di natura così sottile (e già definirla in questo modo si evidenzia una portata fisica che non c’è) da risultare percepibile solo ai più affinati orecchi meditativi.

All’interno di sé c’è una barriera, energetica, che infatti limita la percezione perché, influenzata dal campo magnetico terrestre, non consente al pensiero (mente, coscienza) di elevarsi a vibrazioni più sottili adeguandovisi.

La densità del pensiero dipende dalla forma energetica che lo “coagula”, che lo “imprigiona” in un habitat dove ben difficilmente può espandersi perché quello è il suo stato di naturale appartenenza per sperimentare la vita; un certo tipo di vita.

L’influenza della Terra è determinante per il corpo fisico il quale è strutturato per essere funzionale all’ambiente così da potervi interagire.

Avere dunque delle limitazione oggettive rispetto a delle aspirazioni soggettive è come voler volare senza ali.

Per cui, o si apprende un sistema che lo consente, o si resta ancorati a ciò che proprio la natura della Terra ha determinato nel tempo.

La fisicità dell’uomo è il corpo necessario ad un certo tipo di coscienza.

Una coscienza che deve accorgersi e riconoscere che non si muore prendendone atto.

Quando avviene è perché qualcosa cambia:

o la qualità del pensiero

o perchè la struttura fisica subisce sollecitazioni diverse che dipendono dalla Terra. Sollecitazioni che dipendono da un diverso assesto che la Terra assume nei confronti di un sistema che può considerare in modo diverso, e più profondo, perché a sua volta riceve sollecitazioni atte allo scopo.

Riuscire a cogliere che l’universo è vivo e non un “posto” che ospita pianeti, stelle e quant’altro, porta a definire meglio la vita e come la conformazione sia funzionale ad elementi che sfuggono a chi “osserva” avvolto da una “patina” che non permette una corretta identificazione di ciò che appare in un certo modo perché una limitata conformazione (fisica) non consente una visione più profonda; immediata e senza limiti tempo spaziali.

Si va verso una coscienza sferica per acquisire conoscenza cosmica.

Coscienza sferica ed universo vivo sono l’un l’altro funzionali.

Ma sono anche temi di apertura. Riguardano infatti la propria capacità di concepire la vita in modo universale; o per lo meno più ampio dovendo considerare ciò verso cui si è proiettati ad essere.

Ritrarre lo sguardo dalla fisicità significa pertanto considerare anche un diverso tipo di vita. Vita vera e reale che appare tale solo se la si vive.

Significa anche dare spazio alla coscienza fisica di potersi espandere oltre la sua naturale collocazione così da assumere responsabilità autonome non più subordinate ad una mente che sa solo brancolare tra gli opposti.

Significa liberare l’uomo da vincoli strutturali che lo rendono succube di condizioni a lui contingenti.

Significa far crescere l’uomo all’interno di un’organicità che non prevede più la morte fisica come fine ultimo ma l’integrazione in un ambito che apre il mondo a chi si apre al mondo; a chi si apre a quell’universo vivo che appare solo a chi vive in sintonia con la vibrazione che emana.

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